2008 - Summer School Brindisi

Summer School AIDOSS

Cittadella della Ricerca - Brindisi

25 – 27 settembre 2008

 

Viene pubblicata ora una sintesi dei lavori di gruppo della Summer School AIDOSS svoltasi nei pressi di Brindisi nel passato settembre. La sintesi, a cura di Annamaria Campanini, Luigi Gui, di Carla Moretti e di Alessandro Sicora, pone interessanti punti di riflessioni sulle caratteristiche della formazione al servizio sociale basata sulle competenze.

PREMESSA

Il processo di Bologna, proposto in questi ultimi anni dai Ministri dell'Educazione dei paesi europei ha introdotto una radicale trasformazione nella formazione universitaria. Numerosi documenti, succedutisi alla Dichiarazione di Bologna del 1999, hanno precisato sempre meglio la direzione sulla base della quale procedere: l'introduzione dei tre cicli (BA, MA, Dottorato), la trasparenza ed equiparabilità dei sistemi formativi, la definizione degli ECTS, l'attenzione alla qualità della formazione, la focalizzazione sulle competenze.

In questi anni l’Aidoss si è posta come attore significativo, realizzando una serie di iniziative di approfondimento dei temi cruciali per la costituzione di uno spazio europeo di educazione superiore.

Ricordiamo alcune tra le realizzazioni più rilevanti:

  • la partecipazione dell’AIDOSS alla Rete Tematica EUSW, costituitasi nel 2002 e che ha terminato il suo secondo triennio a settembre 2008;
  • l’attivazione di momenti di confronto con l’EASSW e il Coordinamento dei corsi di laurea in servizio sociale;
  • la giornata di studio presso l’Università di Parma il 2-10-2004 su ”La formazione al servizio sociale in Europa: verso un "European Quality System";
  • il convegno presso l’Università di Parma 8- 10-2004 “IL SERVIZIO SOCIALE IN EUROPA: SFIDE E PROSPETTIVE”,
  • l’organizzazione del convegno europeo “Social professions and social changes” Parma 2007;
  • l’iniziativa ”La riforma delle classi di laurea e le implicazioni per i corsi di laurea in servizio sociale”, Bologna, 26 gennaio 2008;
  • il convegno ”Scenari di Welfare e Servizio Sociale in una Europa che cambia. Il ruolo del tirocinio nella formazione dell’Assistente sociale”, presso l’Università della Calabria il 5-6 febbraio 2008;
  • la Summer School AIDOSS “La formazione basata sulle competenze: esperienze italiane e straniere a confronto” presso l’Università del Salento 25/27 settembre 2008.

A livello italiano, l'immediata adesione alla struttura dei livelli formativi (3+2+3), la realizzazione del sistema ECTS, l'introduzione del Diploma Supplement sono stati passaggi significativi e importanti che hanno visto il sistema italiano in una posizione virtuosa. Rimane invece non attuata la parte delle raccomandazioni che rimandano alla strutturazione di curricula basati sulle competenza. I documenti relativi alla Metodologia Tuning, frutto di un gruppo di lavoro attivato per facilitare i processi di armonizzazione a livello europeo definiscono la competenza come la combinazione dinamica delle capacità cognitive e metacognitive, di conoscenza e comprensione, interpersonali, intellettuali e pratiche, così come dei valori etici. Ci preme sottolineare come la focalizzazione sulle competenze è stata patrimonio storico della formazione al servizio sociale e si è vista “mortificata” nell’'inserimento dei percorsi a livello universitario. Se è vero, infatti, che il decreto 270 ha introdotto una forte sottolineatura della dimensione professionalizzante della formazione universitaria, è altrettanto vero che l'applicazione nelle diverse università è ancora totalmente centrata sulla logica disciplinare “a canne d'organo”. La definizione di minimi per area disciplinare, prevista dal decreto, non è stata infatti utilizzata per costruire percorsi modulari, così come indicato nei documenti relativi alla sopra citata Metodologia Tuning, ma è rimasta costretta in processi di replicazione della vecchia strutturazione dell'insegnamento universitario.

Questo fatto risulta particolarmente critico per una professione come quella dell’assistente sociale che secondo la definizione dell’IASSW e IFSW “favorisce il cambiamento, la soluzione dei problemi nelle relazioni umane, l’ empowerment e la liberazione delle persone, per promuovere il benessere. Utilizzando le teorie del comportamento umano e dei sistemi sociali, il servizio sociale interviene nel punto in cui le persone interagiscono con il loro ambiente.

I principi dei diritti umani e della giustizia sociale sono fondamentali per il servizio sociale”.

Nel servizio sociale italiano questa definizione è stata declinata con particolare riferimento alla tridimensionalità dell’intervento professionale, che si preoccupa di focalizzare la sua azione sulla persona, la comunità e l’organizzazione in una interazione dinamica. Questa complessità dell’intervento sociale, richiede una coerenza tra il profilo professionale che è definito a partire dall’oggetto di cui il servizio sociale si occupa e la formazione necessaria a costruirlo.

Preparare un professionista competente è fondamentale perché possa rispondere alle sfide crescenti della società complessa con una qualità dei suoi interventi che sia in grado di rispondere alla responsabilità etica nei confronti dei cittadini/utenti in una logica di accountability.

 

QUESTIONI DI CONTENUTO

La definizione istituzionale, ormai consolidata in Italia, della figura professionale di Assistente sociale e la parallela definizione del percorso di formazione universitaria in “Scienze del servizio sociale” (cl. L.6 ex DM. 509/99), “Programmazione e gestione delle politiche e dei servizi sociali” (cl. LS 57 ex DM. 509/99), poi parzialmente modificata in “Servizio sociale” (cl. L 39 DM. 270/04) e “Servizio sociale e politiche sociali” (cl. LM 87 DM. 270/04), non vanno certamente ritenute sufficienti a garantire altrettanta chiarezza sui contenuti della disciplina scientifico-professionale a cui fanno riferimento.

E’ necessario, piuttosto, un costante impegno di ridefinizione e di ricerca che consenta di rendere riconoscibile e coerente la specificità del servizio sociale, pur in un processo dinamico di continuo mutamento.

Assumendo l’obiettivo di orientare anche l’Università italiana ad una formazione centrata sulla crescita personale e culturale degli studenti, sullo sviluppo delle loro competenze, sulla “combinazione dinamica dei valori e delle capacità cognitive e metacognitive di conoscenza e comprensione, interpersonali, intellettuali e pratiche”, invece che sulla mera somma di discipline giustapposte e segmentate, sottolineiamo alcune parole-chiave catalizzatrici del processo di aggregazione dei contenuti formativi propri del servizio sociale:

Relazionalità

L’acquisizione e l’esercizio delle discipline di servizio sociale implicano direttamente e personalmente i professionisti nella dimensione relazionale, richiedono capacità di accogliere e ascoltare, di favorire l’espressione soggettiva dei propri interlocutori, di promuoverne l’autodeterminazione attraverso un’implicazione comunicativa, operativa, di corresponsabilità; le competenze connesse alla capacità relazionale sono sia cognitive (con adeguato riferimento alle teorie sociopsico- pedagogiche e della comunicazione), sia emotivo-affettive (attraverso una sufficiente conoscenza e padronanza di sé e della propria capacità di interagire costruttivamente), sia comportamentali (in relazione ad un’ampia gamma di abilità tecnico-pratiche proprie del servizio sociale rivolto a perone, gruppi, organizzazioni e istituzioni);

  • Capacità di analisi
  • Per affrontare l’intreccio complesso e multiproblematico, spesso confuso, delle realtà su cui si impegnano i professionisti di servizio sociale, è necessario favorire in loro lo sviluppo di capacità di discernimento degli elementi e di chiarificazione concettuale, secondo processi metodologico-scientifici riconoscibili, valutabili, riproducibili e ridefinibili, utilizzando con sufficiente consapevolezza apporti teorici di diverse discipline (richiede chiarezza epistemologica, padronanza metodologica sia nella ricerca che nell’intervento, capacità di sintesi interdisciplinare);
  • Capacità di situarsi
  • Il social work (detto “servizio sociale” in Italia) ha una distintiva connotazione di “lavoro sul campo”, di immediata implicazione e intervento nella concretezza delle situazioni. Chi si prepara a tale “servizio” deve poter accrescere la capacità di promuovere processi trasformativi entrando nei contesti d’azione, sapendovisi collocare adeguatamente per interpretare correttamente il proprio ruolo (tutto ciò comporta: adeguate conoscenze di carattere socio-politico e istituzionale, economico, giuridico, antropologico; capacità di costruzione di setting d’intervento congruenti agli obiettivi individuati; crescenti abilità di fronteggiamento di situazioni inedite e di composizione innovativa di nuove sinergie)
  • Agire intenzionale e riflessivo
  • Carattere distintivo del social work è il legame dinamico e costante fra la teoria e la prassi, entrambe orientate da valori e riferimenti eticodeontologici.

L’attitudine riflessiva sull’azione, necessaria agli assistenti sociali, richiede un orientamento formativo atto a sviluppare da un lato la capacità di ancorare comportamenti e strumenti professionali ad istanze morali e a riferimenti scientifici (appropriato utilizzo concettuale di approcci teorici, teorie esplicative e modelli d’intervento) che ne consentano un’adozione consapevole, d’altro lato la capacità di sviluppare nuova conoscenza teorico-scientifica dall’osservazione critica, dalla riflessione (personale e di gruppo) e dalla ricerca sull’azione concreta, così come si svolge nella realtà contingente.

Non una riflessività del tutto soggettiva ed introversa, ma una riflessività critica che, mediante un’attitudine al confronto intersoggettivo e interprofessionale, investe gli interventi in relazione alle politiche sociali, sviluppa consapevolezza dell’impatto sociale che hanno le azioni personali e collettive, consente di elaborare proposte trasformative per contribuire attivamente allo sviluppo delle politiche sociali e delle organizzazioni.

L’insieme dei contenuti riconducibili a queste quattro parole-chiave, vanno, poi, distinti più analiticamente e riordinati secondo un’offerta formativa che dia comunque un adeguato rilievo conoscitivo a:

  • Concetti di base per il servizio sociale, assunti da diversi apporti teorico-disciplinari, quali:
  • persona,
  • comunità,
  • bisogno,
  • domanda d’aiuto,
  • relazione d’aiuto,
  • servizio/servizi
  • cittadinanza
  • Dimensioni storica, politica, sociologica del servizio sociale, in relazione all’evoluzione di:
  • mutamenti sociali
  • politiche sociali
  • sistema dei servizi e dei contesti organizzativi
  • processo di professionalizzazione e di costruzione dell’identità e della specificità del ruolo del servizio sociale
  • riflessione sulle basi conoscitive proprie della disciplina
  • Dimensioni etica, filosofica e giuridica del servizio sociale, in relazione a:
  • diritti umani
  • principi del servizio sociale
  • codice deontologico
  • mandati: professionale, sociale, istituzionale
  • Dimensioni metodologica e tecnica del servizio sociale, in relazione a:
  • la prospettiva “trifocale” dell’intervento che comporta azioni con
  • persone e famiglie,
  • gruppi sociali e comunità, organizzazioni e istituzioni
  • la progettazione, la gestione e la valutazione dei servizi e degli interventi

Su ciascuno di questi quattro cardini di contenuto deve, inoltre, potersi articolare una comparazione a livello europeo e internazionale.

QUESTIONI DI METODO

La formazione universitaria dell’Assistentesociale è orientata a far acquisire conoscenze su fenomeni e problemi sociali, a favorire processi di pensiero, abilità e atteggiamenti che, mediante un approccio globale di analisi dei problemi, siano in grado di promuovere adeguati sistemi di risposte.

Le discipline di Servizio Sociale e il tirocinio svolgono un ruolo centrale; i contenuti teorici, le metodologie d’intervento e l’apprendimento di un ruolo professionale costituiscono gli elementi caratterizzanti del percorso e orientano la conoscenza e l’azione.

Un approccio che ha trovato legittimazione nella Riforma universitaria del 2000 è la progettazione di un percorso formativo che si sviluppa a partire da una analisi del profilo professionale che si intende formare; percorso che avvicina l’Università al mondo del lavoro. L’attenzione è centrata sul quando e come favorire la crescita di abilità e capacità, riconoscendo l’importanza del tirocinio per l’acquisizione di funzioni e competenze che la formazione teorica da sola non può esaurire.

È importante che le sedi formative siano in relazione costante con la realtà sociale, al fine di promuovere progetti formativi flessibili e l’inserimento nei curricula di conoscenze teoriche atte a comprendere nuove realtà, per favorire l’acquisizione di abilità professionali corrispondenti all’evolversi delle risposte.

Il metodo nel processo di apprendimento Per accompagnare lo studente nella costruzione del proprio percorso professionale, è importante che si favorisca l’acquisizione di strumenti specifici e lo sviluppo di capacità nel costruire conoscenza intorno a problemi rilevanti sul pianosociale e organizzativo. Strumenti che consentono di guardare ai problemi e alle persone nella loro globalità e di intervenire ponendo attenzione ai singoli soggetti, al loro ambiente fisico e di vita relazionale e affettiva, oltre che alla comunità sociale entro cui i bisogni o i problemi si manifestano. Un approccio, quindi, nel quale ogni situazione o evento possono essere letti, compresi e valutati nella loro complessità.

Inoltre la presenza di diversi soggetti e agenzie dell’aiuto nei contesti territoriali richiede competenze integrate nella lettura di tali contesti e un’incisiva capacità di promozione della partecipazione della società civile e di implementazione delle reti sociali.

L’utilizzo di metodi che facilitano la partecipazione attiva degli studenti alla costruzione di ciò che stanno apprendendoconsente l’acquisizione di conoscenze,consapevolezze, abilità e atteggiamenti che l’Assistente sociale mette in atto quando affronta situazioni professionali, in una prospettiva di ‘lifelong learning’.

Le metodologie si declinano, mediante l’utilizzo di strumenti di apprendimento, nei diversi momenti formativi, di seguito evidenziati.

La lezione frontale, dove i contenuti sono orientati non solo alla dimensione conoscitiva ma anche all’ interiorizzazione, in un’ottica di centralità dello studente. In quest’ambito acquista rilevanza l’impiego di strumenti formativi, quali:

  • modalità interattive per stimolare il coinvolgimento dello studente
  • raccordo tra contenuti teorici e realtà operativa
  • utilizzo di esempi reali e di casi
  • confronto su eventi sociali per sviluppare
  • contenuti e stimolare riflessioni
  • condivisione delle tematiche tra discipline diverse
  • coinvolgimento di esperti, testimoni privilegiati e destinatari degli interventi.
  • Il lavoro di gruppo e il lavoro individuale,momenti formativi nei quali gli studenti sisperimentano nel costruire conoscenza e acquisirecompetenze; processi come la gestione di problemi e la valorizzare delle diversità sono capacità che possono essere coltivate e si acquisiscono se sostenute da un percorso formativo nel tempo. Alcune azioni formative facilitano il raggiungimento di tali capacità:
    • studio dei casi
    • approfondimento di gruppo e individuale di temi definiti
    • elaborazione e presentazione di tematiche da parte degli studenti
    • esercitazioni di gruppo e individuale orientate alla conoscenza di sé
    • elaborati scritti su contenuti e processi di apprendimento
  • Il tirocinio, contesto in cui la didattica relativa alle conoscenze e alle abilità tecnico-professionali viene esercitata sul luogo della prestazione. È una opportunità, quindi, di sperimentare la professione come ‘laboratorio’, nel quale lo studente acquisisce gradualmente abilità cognitive, relazionali e organizzative. È un apprendimento processuale, che sottende un’idea di professione in rapporto costante con le concrete realtà operative, nel quale si attua il confronto e la circolarità fra teorie formali acquisite e lettura dei fenomeni reali così come si manifestano.Il tirocinio è un’esperienza guidata, in cui assume un ruolo fondamentale la supervisione di un professionista Assistente sociale; è un contesto formativo nel quale i diversi soggetti del sistema teorico e organizzativo di riferimento, (docenti, università, assistenti sociali e servizi), sono coinvolti nel promuovere e sostenere un progetto condiviso. Nel tirocinio l’accesso ai diversi saperi e la possibilità di connetterli all’esperienza personale e sociale attivano un processo di ricerca azione che si realizza attraverso importanti strumenti formativi:
  • elaborazione di un piano formativo individuale
  • programmi di apprendimento centrati su obiettivi mirati, condivisi e verificabili
  • esercitazioni in aula
  •  stesura di relazioni e documenti
  • verifiche dei saperi appresi e percorsi di autovalutazione dello studente
  • valutazione congiunta (docente di tirocinio, altri docenti, supervisore)
  • laboratori di approfondimento su tematiche specifiche. 

QUESTIONI DI ORGANIZZAZIONE

Possono essere individuati quattro gruppi principali di condizioni organizzative facilitanti la realizzazione di un sistema formativo basato sulle competenze.

Una prima area in tal senso è relativa all'interdisciplinarietà. A ciò va senz'altro ascritta la presenza di un assetto basato su moduli didattici, ma anche su di un tirocinio realizzato in maniera tale da garantire un elevato grado di permeabilità tra aula e pratica sul campo.Inoltre, pur ricordando che tradizionalmente le sedi formative hanno favorito un rapporto costante tra attività di tirocinio e corsi di “Metodi del

Servizio Sociale” (o denominazioni similari), va rilevato che oggi appaiono particolarmente proficue le esperienze innovative che - in un ottica di ampliamento dei contesti di raccordo tra teoria e prassi - vedono per alcune attività di tirocinio il coinvolgimento di docenti di altre materia d'insegnamento. Inoltre, sembra favorire la realizzazione di una formazione basata sulle competenze, l'implementazione di una valutazione dell'apprendimento dello studente realizzata secondo criteri e modalità coerenti con l'assetto modulare sopraccennato.

Un secondo gruppo di “questioni di organizzazione” è legato all'equipe pedagogica.

Questa dovrebbe essere:

  1. una realtà strutturata in maniera adatta alla declinazione delle competenze e alla definizione di un progetto formativo a ciò coerente;
  2. a composizione mista (interni ed esterni; con il coinvolgimento, per esempio, di componenti dell'Ordine professionale);
  3. strutturata su 3 livelli (generale, per corso, per materia).

Inseribile in tale area tematica è sia la questione dello status dei docenti che quella inerente la composizione degli organi universitari.

Relativamente al primo aspetto appare necessario ed urgente giungere ad un settore disciplinare autonomo per il servizio sociale, nonché ad un incardinamento accademico di docenti quantitativamente congruo alla diffusione dei corsi di laurea in servizio sociale nelle università italiane. A tale proposito vanno individuate le modalità di reclutamento migliori per garantire un legame forte con il mondo della professione.

Non va infine dimenticata l'importanza della partecipazione dei docenti di servizio sociale agli organi universitari mediate la ricerca di strategie idonee a favorire una partecipazione sostanziale e non solo formale alla costruzione didattica.

Una terza categoria di condizioni organizzative facilitanti una formazione basata sulle competenze riguarda gli studenti. A tale proposito va ricordata la necessità di:

  • un rapporto docenti – studenti numericamente adeguato a garantire relazioni dirette e congrue con un percorso di apprendimento efficace. Il cosiddetto “numero chiuso” sembra una modalità utile a limitare l'afflusso di una massa eccessiva di studenti;
  • personalizzare il percorso didattico ai fini del superamento della dicotomia frequenza alle lezioni obbligatoria vs. frequenza facoltativa;
  • valutare correttamente le competenze pregresse degli studenti in termini di crediti e debiti formativi.

Infine, tra le molte altre “questioni di organizzazione” inseribili in una quarta categoria residuale, vanno citate la necessità della presenza presso le università di risorse adeguate (ad esempio, spazi che siano anche dedicati) , nonché l'esistenza di reti interuniversitarie sia nazionali che internazionali.